E' trascorsa la serata, con un po' di fantasia; e questa notte sono sveglio, che mi tengo il mio ricordo.
Di quel Giugno ormai passato, già ritorni un po' sbiadita; tra le mani un po' richiuse, e la faccia scolorita.
C'era un vecchio in riva al mare, che parlava di puttane; c'era la tua voce calda, che avvolgeva la veranda.
Quando è stata giusta l'ora, di rientrare dalla riva; mi son detto: poveretto, non sopporto più il mio tetto.
Ora che sono lontano, dalla casa di mio nonno; mi ritrovo solo e stanco, senza niente dentro il pugno.
Ho perduto un'altra volta, e per sempre o qualche ora; quella lucida stagione, dove eri il mio padrone.
La signora dei miei sogni, la compagna per due ore; per quest'uomo ancora in cerca, del suo grande e grande amore.
Ti ho lasciata per migrare, verso un sogno lungo giorni; non ci sono più ritorni, quando volo nei pensieri.
Mentre sono sempre assorto, non per te, sai sono morto; son distante di sicuro... Me lo merito quel muro.
Con il cuore son vicino, è la mente che è lontana; sono preso ancora un poco, da sto mondo ancora vuoto.
Vuoto di credenze strane, vuoto di pensieri alti; oggi l'uomo è solo fatto, per rappresentarne molti.
Tutti insieme, e tutti soli, dentro un grande calderone; anche i volti più importanti, sono manifesti appesi.
Sono solo assai banali, sono grandi ospedali; grandi chiese arrugginite, e tante case mal riempite.
Si circondano di tutto, tranne che di sentimenti; sono macchine mostruose, sono carri armati ardenti.
Sentono gli stessi mali, provano le stesse gioie; ma non è che siam rimasti, omologati tutti quanti?
Forse son davvero io, a pensare che oggidì, questa umanità sfollata, dalla sua essenza vera; è rimasta già incollata, a una sola primavera.
Un periodo assai noioso, senza grandi aspirazioni; una vita un po' banale, solo colma di finzione.
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